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La casa dei doganieri

Buon lunedì a tutti con questa bellissima poesia di Montale. Mi è venuta in mente per vari motivi, e mi sembra quantomai attuale. Gioca sul tema dei Confini – la dogana è il luogo di confine per eccellenza; su quello della memoria, delle possibilità e delle scelte. La bussola impazzita o la banderuola che gira senza pietà sono due immagini bellissime, che danno un fotogramma perfetto di noi, uomini incapaci spesso di sapere quale strada, scelta, decisione prendere.

di Eugenio Montale

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Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende …)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

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Santi e poeti

Ho scoperto questa poesia poco fa, mentre ascoltavo una meditazione che p. Ermes Ronchi ha fatto prima di Natale a Romena. Ho pensato di aggiungerla alla lista delle mie poesie sul blog: è bellissima nella sua semplicità.
Alda Merini l’ha scritta all’età di 17 anni.
Chapeau.

La voglio dedicare a quelli che non hanno paura di farsi ricondurre sempre sulla strada maestra della vita, a chi vive sapendo che «vivere è l’infinita pazienza di ricominciare» (cit. Ermes Ronchi), ogni giorno sempre. E a chi vive tutto questo ancora di più adesso, nel tempo di Natale. Tempo che ci ricorda che Dio non è stanco di ricominciare con noi (e solo Lui sa come possa non esserlo). «E niente è più fecondo e più stupendo».santi e po

Bisogna essere santi
per essere anche poeti:
dal grembo caldo d’ogni nostro gesto,
d’ogni nostra parola che sia sobria,
procederà la lirica perfetta
in modo necessario ed istintivo.

Noi ci perdiamo, a volte, ed affanniamo
per i vicoli ciechi del cervello,
sbriciolati in miriadi di esseri
senza vita durevole e completa;
noi ci perdiamo, a volte, nel peccato
della disconoscenza di noi stessi.

Ma con un gesto calmo della mano,
con un guardar “volutamente” buono,
noi ci possiamo sempre ricondurre
sulla strada maestra che lasciammo,
e nulla è più fecondo e più stupendo
di questo tempo di conciliazione.

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Consolazione

Dedico questa poesia a tutti quelli che, qualche volta nella vita, hanno visto fiorire la terra sotto i piedi all’improvviso, e non era primavera. A tutti quelli che stanno aspettando questa fioritura. E sorridono, sapendo che la primavera gli sorriderà. A chi ha deciso di ascoltare l’invito sepolto nel suo cuore che lo invita a sognare ancora, nonostante tutto, e a chi ha ancora voglia di ballare al ritmo di una vecchia aria di danza.

La poesia parla del ritorno del figlio a casa, dalla madre. E nel raccontare il suo rientro nella vita di un tempo, evoca delicatamente tutti i ritorni possibili della vita. È una lirica del ritorno inteso come rassicurazione e insieme rigenerazione, come nuovo possesso delle cose lasciate ed eterna speranza di consolazione.

di Gabriele D’Annunzio

RITORNO A CASA II_JPG

Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.

Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancóra per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.

Ancóra qualche rosa è ne’ rosai,
ancóra qualche timida erba odora.
Ne l’abbandono il caro luogo ancóra
sorriderà, se tu sorriderai. Continua a leggere “Consolazione”

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Confessione dʼun teppista

Una poesia scoperta qualche giorno fa. Che non conoscevo in versi, ma in musica. Perché senza dubbio Branduardi nella sua Confessioni di un malandrino a questi versi – bellissimi – si è ispirato.

di Sergej A. Esenin

confessionedunteppista

 

Non tutti possono cantare,
Non a tutti è dato cadere
Come una mela ai piedi degli altri.

È questa la più grande confessione
Che possa fare un teppista.

Vado a bella posa spettinato,
Col capo, come un lume a petrolio, sulle spalle.
Mi piace rischiarare nelle tenebre
Lo spoglio autunno dellʼanime vostre.
Mi piace che i sassi dellʼingiuria
Mi volino addosso, come grandine
Di ruttante bufera.
Allora stringo solo con le mani più forte
La bolla dondolante dei capelli. Continua a leggere “Confessione dʼun teppista”

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Sulla bigattiera

Qualche giorno fa ho chiesto a voi di propormi poesie da inserire qui sul blog!
«Chiedi e ti sarà dato». Ecco qua una poesia inedita ricevuta subito dopo la mia “provocazione”.

di Cristina Saviozzi

autrice del libro Come gufi nella notte – Storie di eremiti del nostro tempo

girasoli

In questo caldo mattino
di un giugno carico di attesa,
nell’altalena del cuore,
stanco del suo oscillare
tra desiderio e impotenza,
corro verso il mare.

E voi, girasoli,
sul lato destro della via,
muti e felici
del vostro stare,
siete la mia sorpresa,
parola viva del mio quotidiano. Continua a leggere “Sulla bigattiera”